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Il Sempione...e l'inizio di una storia...

Una serie di articoli scritti con la collaborazione straordinaria di Carlamaria Moglia, una signora varzese, vi porteremo alla scoperta di un Ossola antica, ma non cosi' tanto, in particolare ci occuperemo dell'alta Ossola e dei comuni e delle montagne prossime alla Svizzera.

Riportiamo di seguito delle parole molto significative che ci fanno capire il contesto storico di cui parleremo oggi.

"A Varzo sono rimasta negli anni della guerra, almeno fino al 1944 quando, dopo l’armistizio Badoglio, si pensava fosse finito tutto. E così con mamma e nonni paterni siamo tornati a Milano per goderci "il meglio" della guerra civile. Sono tutti ricordi miei, che ho ancora davanti agli occhi. Allora c’era una bambola di pezza per passare il tempo e si viveva di quanto ci capitava attorno e di memorizzava tutto indelebilmente."

A Varzo poi siamo tornati d’estate dal 1946 sino al 1958 ed era ancora vivo. Ci sono molti altri ricordi in altri capitoli dei miei scritti: Trasquera, Veglia e S. Domenico, il Cistella, Bugliaga, la segheria con la teleferica a altro.

l Sempione per me era sempre stato sinonimo di ferrovia, più alta sulla strada e ora seminascosta nella montagna.

La strada del passo del Sempione e l'ospizio, furono costruiti nel 1801 per opera di Napoleone. L'alloggio è stato ultimato nel 1831, dai Canonici Agostiniani del Passo del Gran San Bernardo. La casa, formata da tre piani, è il più grande ospizio dei passi, situato sulle Alpi.

Napoleone Bonaparte consentì la costruzione dal 1800 al 1805 del primo passaggio di strade nelle Alpi, attraverso il Sempione. Nel 1801 ha iniziato la costruzione di un ospizio sul passo, utilizzato pure come caserma. La gestione del ricovero è affidata ai Canonici Agostiniani del Passo del Gran San Bernardo.

Una frazione di Varzo all'inizio del 900

Fotografia del "archivio del Verbano Cusio Ossola" (archiviodelverbanocusioossola.com

Ma tornando a noi, dai finestrini, quando il sole arrivava a illuminare le rupi scoscese della montagna, si vedevano i massi cadere numerosi con grande fragore nella Diveria, il fiume del Sempione. Di giorno, al sole, le montagne per così dire sudavano e il sudore con il freddo notturno gelava nelle fessure. All’indomani il gelo si scioglieva di colpo e i massi precipitavano.

Questa era una situazione di grande pericolo per la ferrovia, c’erano anche stati incidenti che avevano provocato deragliamenti. Attorno agli anni ’50, poi, una imponente ondata di maltempo aveva provocato “la frana” dall’altro lato della ferrovia.

Molto vicino al fiume, quasi nel suo letto, c’erano alcune casette nella caratteristica pietra grigia delle montagne e c’era anche un campanile, forse di una cappelletta. C’erano pure un bimbo e la sua nonna. Il fiume rigonfiato e reso furioso dalla frana travolgeva tutto. San Giovanni all’indomani non c’era più. Nel fiume ora riemergono solo alcuni frammenti dei muri e la cuspide del campanile.

Anche i binari della ferrovia ondeggiavano nel vuoto.

Per molto tempo i treni non hanno più transitato fino alla costruzione della galleria del San Giovanni, che ricorda nel nome la tragedia. E’ una galleria strana. Nel tratto centrale ampie arcate permettono di rivedere i resti delle costruzioni riemergere dal fiume e il fiume da allora è tornato ora cupo ora irruente alla sua antica pace.

La strada del Sempione non aveva la riga bianca che da tempo ormai separa le corsie di marcia, d’altronde le auto che la percorrevano erano rarissime.

Un bivio ci appare davanti. A Varzo ci si arriva da entrambe le strade. La principale, la via del Sempione, prosegue dritta alla volta della stazione ferroviaria sino al confine con la Svizzera. L’altra strada, più stretta, un tempo di terra battuta, volge verso Riceno, la frazione più orientale.


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