Turismo alpino, un tema su cui riflettere
Oggi lo sci è al novanta per cento un’industria artificiale, dipendente più che
mai al consumo energetico e alle risorse idriche, che negli ultimi anni e mesi
stanno sempre più scarseggiando.
Quest’autunno è stato il più secco degli ultimi 60 anni.
C’è chi decede di dedicarsi anche ad altre discipline, ritrovare quel minimo
sindacale di avventura che lo sci di pista non permette più, avvicinandosi a
discipline storiche come lo sci alpinismo o a pratiche ritrovate come le ciaspole,
freestail etc.
La monocultura turistica non solo non paga più, ma diventa un grave handicap
quando accontenta un’unica categoria di utenti allontanando gli altri.
Le stazioni capaci di futuro sono quelle che non hanno annullato la vocazione
alpina e alpinistica in favore del turismo di massa, salvaguardando l’ambiente,
il silenzio, “l’identità” storica e le occasioni di esperienza estetica e ricreativa
per i loro ospiti, dall’escursionismo allo sci di fondo, dalle bellezze
paesaggistiche e naturalistiche, dalla cucina a ogni forma di cultura, dal rispetto
per l’ambiente e per il territorio.
Non è più “tollerabile” frequentare la montagna solo per i pochi mesi all’anno
in cui nevica, ma dobbiamo viverla in tutte le stagioni. Da questi presupposti
nasce anche il progetto “Avvicinare le Montagne” di cui si è recentemente
parlato.
Nessuno sa come andrà a finire, anche se è prevedibile che le Alpi, cintura
verde dell’Europa, saranno sempre più frequentate per ragioni climatiche,
economiche, ecologiche e paesaggistiche. “Di tutte le ipotesi possibili una sola
è certa: si salverà chi ha protetto l’ambiente e il territorio, affiancando il bene
naturale con il dono dell’accoglienza, della socialità e della vivacità culturale.”
(di Enrico Camanni).
Spero ti sia piaciuto!